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La settimana della Memoria Il
26 gennaio i repubblicani in delegazione renderanno omaggio alle vittime
della deportazione avvenuta al ghetto di Roma. Ma la settimana della memoria
non è mai un momento puramente rievocativo ed è pericoloso pensare che possa
solo essere questo. L’antisemitismo è un veleno che ha strisciato per secoli
nel cuore dell’Europa, basta ricordare il contributo che gli recò il dottor
Martin Lutero e proprio quando voleva riformare la Chiesa, senza contare che
l’antisemitismo non ha mai smesso di correre nel mondo arabo. La questione
mediorientale va letta innanzitutto come il rifiuto degli Stati arabi di
vedere sorgere libero acconto a loro uno Stato ebraico, per quanto di
dimensioni ridotte e su un territorio chiamato Regno di Giudea prima che
Palestina. Per questo ancora si è rivelata impossibile la dottrina dei due
Stati, quello palestinese e quello israeliano. Innanzitutto occorrerebbe che
gli arabi riconoscessero il diritto all’esistenza di Israele, cosa che non
hanno mai fatto. L’antisemitismo poi si alimenta di un sentimento ancora più
diffuso come l’intolleranza, per cui il diverso è sempre visto con sospetto.
Il popolo che non riconobbe il nostro Salvatore, Gesù Cristo, venne subito
condannato, anche se questo suo misconoscimento fosse stato un piano divino.
D’altra parte gli stessi cristiani sanno cosa vuole dire la discriminazione
nel mondo islamico e in molti casi soffrono quanto gli ebrei hanno sofferto a
loro volta. Voltaire ci insegnava che la religione di Maometto era priva di
qualsiasi forma di pietà e non aveva conosciuto la dottrina
nazionalsocialista. Ovviamente anche gli islamici possono essere oggetto di
discriminazioni altrettanto odiose, quando si ritrovano in minoranza, senza
mezzi, sbattuti fra i marosi e costretti a chiedere ospitalità in altri paesi
che magari temono di ritrovarsi in casa dei terroristi. Bisognerebbe che il
giorno della memoria, fosse un giorno dedicato al reciproco rispetto e al
riconoscimento di tutte le genti e di tutte le religioni, se non vogliamo che
un nostro simile, inclusi noi stessi, finisca per diventare una vittima
atroce del pregiudizio. Roma, 24
gennaio 2017 |
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